Si mangia per fame e si mangia per appetito. Se la prima richiama al bisogno fisiologico, il secondo rimanda alla scelta per il desiderio e il cibo diventa nutrimento per il corpo e per la mente, o per meglio dire, per il cuore.
Sono le tradizioni, i valori culturali, l’educazione familiare che influenzano le scelte alimentari, ma anche i ricordi dei primi assaggi, le situazioni nelle quali si sono gustate le pietanze, e poi le emozioni, gli stati interni, i bisogni più psicologici.
La parola “dieta” deriva dal greco “daita” e significa “regime di vita” e definisce il regime alimentare quotidiano per vivere in salute; nella società odierna invece indica quasi automaticamente la sottrazione di cibo.
Oggi si mangia di continuo! Quando si è nervosi o troppo calmi, per uscire con gli amici o per sopportare la solitudine e la noia, per “spezzare” la giornata o durante le riunioni di lavoro.
Il cibo diventa un riempitivo, un tranquillante che allontana e anestetizza rispetto alle emozioni negative. Alcune emozioni particolari facilitano la “fuga nel piatto”.
A chi non è mai capitato, almeno una volta, di ritrovarsi, senza neanche sapere perché, davanti al frigo in cerca di qualcosa da sgranocchiare pur non avendo fame?
La fame nervosa non è legata alla necessità di introdurre “benzina” per le cellule, ma, probabilmente, alla ricerca di un aiuto per superare quei momenti di cui si è detto sopra.
Oltre a ciò la fame nervosa potrebbe anche essere scatenata dalla ricerca di sostanze, contenute in particolari cibi, soprattutto a base di carboidrati, che influenzano i livelli di alcuni “neurotrasmettitori” cerebrali che, a loro volta, hanno l’effetto di migliorare l’ umore.
Come detto in precedenza, è importante distinguere il significato dei due termini: fame e appetito ai quali si lega il termine sazietà.
Il termine fame (c’è niente da mangiare?) significa forte desiderio di cibo senza una precisa preferenza per una particolare qualità di questo e si accompagna a diverse sensazioni.
Per esempio una persona a digiuno da molte ore presenta, a carico dello stomaco, intense contrazioni ritmiche, dette “contrazioni da fame”. Queste provocano un senso di costrizione o di “morso” in corrispondenza dello stomaco e talvolta veri e propri dolori, detti appunto “dolori da fame”.
Il termine appetito (cosa mangiare) indica quella particolare sensazione riferita al desiderio di determinati tipi di alimenti, piuttosto che al cibo in generale, anche se, spesso, il termine appetito è usato con lo stesso significato di fame. L’appetito rappresenta, quindi, la componente prevalentemente psicologica del comportamento alimentare e guida la scelta della qualità di alimenti da assumere.
La sazietà è l’opposto della fame, dal momento che è il senso di soddisfacimento del bisogno di cibo. Si manifesta, di solito, dopo un pasto abbondante, in particolare quando le riserve organiche del materiale nutritivo sono completate. Dipende dalla composizione degli alimenti introdotti: carboidrati e proteine, infatti, possiedono un potere saziante molto superiore a quello dei grassi.
Molto spesso capita di confondere l’appetito con la fame e questo comporta una smodata voglia di un cibo in particolare anche se il corpo, in quel determinato momento, non ne ha affatto bisogno.
A chi non è mai capitato di mangiare un gelato per festeggiare un evento o un dolce per tirarsi su di morale o ancora una pizza per non sentirsi solo?
Il problema sorge quando non ci si riesce a frenare in nessun modo davanti a questo insaziabile desiderio di riempire, non tanto lo stomaco, quanto “il vuoto che si ha dentro”.
Perché mangio in modo forsennato anche quando non ho fame? Questa è una domanda che molte persone si pongono spesso, sentendosi angosciate e terribilmente colpevoli, perché sanno bene che gli attacchi di voracità poco hanno a che fare con il bisogno reale di nutrimento.
Essere dipendenti dal cibo non è un comportamento che riguarda solo il fisico, è invece un modo di rapportarsi con esso che rivela aspetti della personalità di ciascuno.