Le piante provenienti dalla zona subshariana dell’Africa arrivarono in Europa relativamente tardi, intorno alla metà del 1600. A quell’epoca la Compagnia Olandese delle Indie Orientali aveva messo definitivamente piede nella zona del Capo di Buona Speranza per creare uno scalo stabile per l’esplorazione dell’Indonesia. Per quell’epoca erano già stati inviati in Europa i primi Pelargonium ed Agapanthus e le prime Nerine. Ma fu soltanto tra il 1670 e il 1680 che un gran numero di generi fino ad allora sconosciuti invase l’Europa. Nel 1700 i giardini botanici di Leiden e Amsterdam furono tra i più vitali centri per l’introduzione e la diffusione di specie esotiche.
Tra le piante che provengono dall’estremo meridione dell’Africa ve ne sono alcune che ormai sono notissime e sono addirittura considerate “piante della nonna” , come appunto i gerani (Pelargonium zonale) e le calle (Zantedeschia aethiopica), ma anche gli eleganti Agapanthus o le Dimorphoteca (sin. Osteospermum).
Altre sono assai meno conosciute : tra queste ci sono anche piante “simbolo” del giardinaggio cosiddetto “raffinato”, come il Dierama pulcherrimum, e molte piante validissime, poco conosciute, ma davvero stupende. Sono piante originarie di un clima simile a quello mediterraneo, e di ambienti tra i più disparati – spesso praterie e savane su terreni alluvionali ricchi, ma anche zone sabbiose e paludose, rocce e montagne.
Cominciamo con il Melianthus major, un arbusto ancora poco conosciuto in Italia, ma largamente diffuso in Inghilterra, soprattutto nei cosiddetti plantsman’s garden, per l’elevatissimo valore ornamentale del suo fogliame: spesso viene infatti indicato come essenza rara ed insolita, e non possiamo fare a meno di pensare che a volte sia ospitato in alcuni famosi giardini italiani, come la Landriana, forse più per la sua fama che non per le sue doti ornamentali, che rimangono comunque notevolissime.
In Boero è chiamato “Kruidjie-roer-my-nie”, che vuol dire “erba non mi toccare” per via dello sgradevole odore emanato dalle sue foglie se stropicciate. Nel suo paese d’origine cresce spontaneo lungo i ruscelli stagionali o ai bordi delle strade. È un arbusto o un sub-arbusto pollonante alto sino a tre metri nel suo habitat naturale, ma che più facilmente non supera il metro nei climi freddi, dove viene bruciato dai geli, per poi gettare nuovi germogli dalla base. Nei climi che lo permettono rimane in crescita attiva durante l’inverno (come molte altre specie del Sud Africa).
La sua caratteristica peculiare è data dal meraviglioso fogliame pennato, lussureggiante, di un colore variabile dal grigio-glauco all’azzurrino, quasi metallico, sovente con sfumature ramate alla base degli steli. Le foglie, lisce, lunghe anche 50 cm e più, sono portate alternatamente su steli quadrangolari robusti ed eretti, e danno alla pianta un aspetto davvero sontuoso. Se i fusti sopravvivono all’inverno, compaiono in febbraio-marzo i fiori di colore amaranto, ricchissimi di nettare, che a fine fioritura si trasformano in belle capsule porta-semi.
Il Melianthus vuole sole pieno ed un terreno ricco e ben drenato: resiste perfettamente alla siccità, anche se preferisce essere innaffiato regolarmente, ma attenzione a non esagerare, poiché irrigazioni troppo frequenti ed abbondanti potrebbero far perdere a questa pianta le sue proporzioni naturali: le foglie giganteggiano e perdono grazia, la bella tonalità sbiadisce e tutta la pianta assume davvero l’aspetto di un “carciofone azzurrino”!
Quando le piante assumono un aspetto trascurato o dopo estati particolarmente secche e calde, gli steli possono essere tagliati drasticamente per incoraggiare la crescita di nuovi getti dalla base, che cresceranno velocemente. La riproduzione avviene facilmente da seme e per talee basali al principio della bella stagione.
Continuiamo con le Kniphophia, ingiustamente sottovalutate da molti giardinieri. Un tempo erano chiamate Tritoma, nome che vedete ancora sporadicamente comparire su qualche catalogo. Derivano il loro nome dal botanico e chirurgo tedesco Kniphof. Purtroppo non esiste un nome comune in italiano, gli inglesi le chiamano “Red hot poker” (che dovrebbe significare qualcosa come “attizzatoio rovente”, oppure “Torch lily”, cioè “giglio a torcia”). Sono piante di cui generalmente si ignora esistano tante varietà. La comune K. uvaria in giallo-rosso non incontra i gusti di molti, e certo si inserisce male tra i rosa pallidi e gli azzurrini. Però oltre alle specie, tutte molto interessanti, ci sono numerosi ibridi in svariate tonalità di colore.
Ci sono cultivar a fiore in tinta unita, gialle, arancio e anche bianco; altre sono bicolori, in giallo-arancio, verde-giallo… alcuni nuovi ibridi sfoggiano insolite sfumature rosate o color tabacco (Kniphophia ‘Toffee Nosed’). Tra le migliori varietà si possono citare ‘Green Jade’, famosissima cultivar bianco-verde, ‘Maid of Orleans’, bianco ghiaccio sfumata di verde, ‘Percy’s Pride’, verde limetta in boccio e giallo limone chiarissimo in piena fioritura, ‘Little Maid’, nana a fiore giallo chiaro, ‘Painted Lady’, arancio rosato e bianco avorio, ‘Alcazar’ e ‘Atlanta’, entrambe nei toni dell’arancio.
E poi ci sono le specie, tra cui K. rooperi, K. natalensis. Tutte hanno fogliami decidui che formano fitte rosette: nella maggior parte dei casi le foglie, di un verde più o meno scuro, sono strette e nastriformi, ma ci sono anche specie che le hanno larghe e triangolari. Il fogliame si forma su corti rizomi che con il tempo formano ciuffi serrati. Attenzione alle foglie perché non tutte le varietà hanno fogliame bello ed ordinato, alcune possiedono lunghe foglie serpeggianti tutt’altro che ornamentali. Un ottimo sistema è quello di piantarle tra altre erbacee e bassi arbusti dove le foglie possano essere facilmente nascoste.
L’altezza è variabile a seconda delle cultivar, e va dai 40cm circa delle varietà nane sino al metro e venti e più degli ibridi alti. Steli robusti ed eretti portano spighe di fiorellini tubulosi che spesso cambiano colore dal bocciolo al fiore in antesi, e danno origine alle infiorescenze bicolori di cui dicevamo prima. La fioritura avviene solitamente alla fine dell’estate e sino all’autunno, e dura circa un mese; alcuni ibridi hanno due fioriture: una in principio d’estate, ed una seconda verso settembre.
Le Kniphophia sono originarie di terreni sabbiosi umidi, talune di ambienti paludosi o margini di corsi d’acqua: in coltivazione amano terreni ricchi, perfettamente drenati, e ben irrigati. Sono perfette come elementi di spicco nelle bordure, sia in fioritura, quando le alte spighe danno slancio verticale, sia con le sole foglie, che formano col tempo densi ciuffi. Sono piante belle, ed utili in diverse circostanze. Quindi vale la pena vincere una eventuale iniziale riluttanza e cercare le varietà più adatte al nostro giardino e ai nostri gusti.
Arriviamo ora alle Stapelia, che sono piante sia erbacee che arbustive, dai fusti carnosi e cespitosi, che si sviluppano molto facilmente su substrati ben drenati e anche poverissimi di sostanza organica, purché non troppo asciutti. Si tratta di piante poco appariscenti, a portamento strisciante, che si contraddistinguono però per una caratteristica piuttosto rara e “stravagante”: per l’impollinazione dei fiori, infatti, madre natura ha disposto che le Stapelie debbano essere servite non dai pronubi (insetti impollinatori) più convenzionali (Imenotteri e Lepidotteri), ma dai necrofagi (ditteri – mosche, mosconi, ecc.), che sono attirati, oltre che dalle forme e dai colori spettacolari, anche da un intensissimo e nauseabondo odore di marcio.
La Stapelia lepida è uno degli esemplari più semplici da far radicare da talea. Le piante così ottenute fioriscono normalmente entro due anni, in ottobre. Ammiratene la fioritura con…una molletta sul naso!
Ed ora veniamo alle nostre Dietes. Il nome di questo genere significa “che sta in mezzo” , e difatti queste piante hanno caratteri intermedi tra le Iris e le Moraea. Si tratta di robuste Iridacee rizomatose che producono ciuffi di foglie strette, verdi, e resistenti a qualsiasi strapazzo; di facile coltura e molto decorative in virtù dei fiori simili a quelli delle Iris non barbate, portati per lungo tempo su steli eretti, si prestano ad molti diversi usi nei giardini a clima mediterraneo. Ne consideriamo principalmente due specie, Dietes bicolor e D. gradiflora (nota anche come D. irioides).
La Dietes bicolor è quella con i fiori più piccoli tra le due. Le corolle, che durano ciascuna un giorno soltanto, sono quasi piatte, formate da sei segmenti, tre dei quali più ampi e con una macchia scura su un uniforme fondo giallo pallido, come minuscole Iris kaempferi . Larghe circa 5-6 cm, sbocciano a ripetizione sugli steli cosicché, nonostante la loro breve durata, la pianta non ne è quasi mai sguarnita. Fiorisce in Italia da aprile alla fine dell’estate (ottobre-gennaio in Sud Africa).
Le foglie sono erette, verde chiaro, portate da rizomi sotterranei, e raggiungono un’altezza di circa un metro. I cespi raggiungono col tempo un’ampiezza analoga. Lo stelo è ramificato e le foglie sottili. È una pianta di rapida crescita, resistente sia alla siccità che al freddo, e nonostante sia originaria dei prati umidi è davvero molto accomodante. Si sviluppa facilmente anche in suoli poveri ed asciutti o viceversa poco drenanti, sia al sole che in mezz’ombra, ed è bellissima come pianta di spicco in una bordura, o come accento verticale tra piante più basse. Per avere i migliori risultati il terreno ideale è comunque ricco di humus, regolarmente irrigato, al sole.
La Dietes grandiflora ha fiori molto più grandi della precedente, sino a 8 cm di diametro, bianco velato di azzurro con una macchia gialla sulle “ali”. È una pianta molto comune nei giardini sia in Sud Africa che in California, e non si capisce perché non la si veda più spesso dalle nostre parti, date le sue spiccate doti decorative. Perenne e sempreverde, forma cespi ampi e fitti, larghi sino a un metro e mezzo, ed alti altrettanto. Originaria di zone a margine di aree boscose rade, e di macchie di arbusti vicino al mare, è specie di grande adattabilità, che come sappiamo, in giardino è sempre utilissima.
Come la Dietes bicolor, anche questa specie si adatta infatti alle più disparate condizioni di coltivazione, e sopporta persino meglio della precedente l’ombra e la siccità. La fioritura può presentarsi in diversi periodi, a seconda delle condizioni climatiche e, probabilmente, l’umore della pianta. Infatti dagli stessi steli, che raggiungono un’altezza di circa un metro, si formano a ripetizione numerosi fiori dalla vita breve, e questo per diversi anni, motivo per cui non devono essere tagliati dopo la fioritura sinché non siano del tutto secchi. Spesso i cicli di fioritura sono ravvicinati, altre volte unici nella stagione, in principio d’estate, altre volte ancora si presentano dopo le piogge, se le piante sono tenute all’asciutto. Valgono le stesse condizioni di coltura descritte per D. bicolor.
Con qualche attenzione entrambe le specie sono facilmente riproducibili per divisione e per semina. Tuttavia, bisogna essere piuttosto vigili nel momento della divisione, poiché il rizoma attecchisce lentamente: il periodo migliore è durante la primavera o l’autunno, quando le radici sono al massimo della loro attività di crescita.
I semi sono talvolta di lentissima germinazione: alcuni impiegano anche due mesi per germogliare, altri si ripresentano “spontaneamente” in vaschette in cui si era riciclato il terriccio per altre semine, magari in pieno agosto. Lo sviluppo è però abbastanza rapido: evidentemente le alte temperature sono ideali per queste specie.
Il vero problema della coltivazione delle Dietes è la loro reperibilità: in commercio c’è solo Dietes grandiflora, presso il vivaio Natale Torre di Milazzo (10€ cad). L’altra bellissima specie, Dietes bicolor, pare sia ormai introvabile. In commercio o nei siti di semenze specializzati, è reperibile anche la Dietes vegeta, detta anche Moraea vegeta, spesso spacciata per Dietes iridioides. La somiglianza fra le due specie è apparentemente notevole, ma la Dietes vegeta è molto meno bella, una brutta copia della D. grandiflora che si distingue per il fiore grande, e lo sviluppo nettamente maggiore.
Altre due specie, la D. butcheriana e la D. flavida, hanno fiore piccolo e non senza particolari attrattive rispetto alle specie sopra elencate. Tutte le specie sono sudafricane, tranne la Dietes robinsoniana che proviene da una sperduta quanto famosa isoletta australiana, la Lord Howe Island, ovvero l’isola della celeberrima kentia (Howea) nonché di altre palme endemiche, quali Hedyscepe e l’impossibile Lepidorrhachis… insomma un concentrato di tesori botanici.
Questa specir assai rara è anche il gigante del genere, con foglie ampie a spada, verde glauco, e a distanza sembra quasi un Phormium. I grandi fiori bianchi con macchia centrale gialla compaiono su steli che raggiungono i due metri di altezza.