Quando si parla di bulbose, i più hanno in mente il grande exploit di primavera di narcisi, giacinti e tulipani, seguiti da gigli, dalie, gladioli e canne in estate. Pochi sanno che l’autunno e anche l’inverno possono regalare ancora belle fioriture, oltre che foglie cangianti. Così quando il sole comincia a girar basso sull’orizzonte è il momento delle Sternbergia, che al sole hanno carpito il colore.
Il genere Sternbergia, della famiglia delle Amaryllidacee è relativamente noto con la specie S. lutea, diffusa in tutto il Mediterraneo. In Italia è spontanea nel meridione e occasionalmente naturalizzata anche al centro nord, tipica presenza dei terreni calcarei della Murgia, dove i fiori giallo oro illuminano le riarse pietraie alle prime piogge autunnali
Impropriamente chiamata “croco d’autunno” o “zafferanastro” non ha tuttavia usi culinari, anzi i suoi bulbi, come tutti quelli della famiglia, sono molto tossici.
Sembra strano ma la maggior parte ignora l’esistenza di altre specie, alcune davvero notevoli. Intanto in Italia è presente un’altra specie: la S.sicula, ritenuta dubbia da molti botanici o solo una sottospecie, con distribuzione dalla Sicilia a tutto lo Jonio, Grecia, Creta e isole dell’Egeo. Questa si differenzia per i petali stretti e le foglie sottili, adattamento ad ambienti più aridi, anche se nelle popolazioni di S.lutea da me osservate c’è un’ampia variabilità di forme, ma il colore è invece stabile.
L’altra specie valida presente in Italia è S.colchiciflora, una specie minuscola, di scarso interesse ornamentale, presente sporadicamente nell’Appennino centro meridionale e sul Gargano. A distanza di qualche settimana è la volta della S. clusiana, la stella del Negev, diffusa dalla Palestina fino alla Turchia meridionale. I grandi fiori compaiono dal bulbo in successione per diverse settimane, direttamente dal terreno senza peduncolo o foglie, che appaiono solo alcuni mesi più tardi, insieme all’ovario che era infossato, in modo simile ai Colchicum. Questa specie non è però di facile coltivazione, essendo una specie di aree desertiche e necessita di un drenaggio perfetto e un lungo riposo estivo al secco.
La specie più spettacolare è certamente S. fischeriana, la grande Sternbergia del Caucaso, a fioritura invernale a gennaio-febbraio nei climi temperati. Questa è invece di facile coltivazione, adatta anche ai climi più freddi, proveniendo da altopiani dove è coperta di neve in inverno e fiorisce solo in primavera. E’ la specie più grande del genere, le foglie glauche e spiralate si sviluppano dopo la fioritura e sono del tutto simili ai narcisi. Purtroppo è di difficile reperimento, gravemente minacciata per la raccolta indiscriminata fatta dai poveri contadini turchi, per rivenderle ai dealers olandesi, insieme a tante altre bulbose, cito giusto Galanthus (bucaneve), Cyclamen, Pancratium maritimum ed Eremus, spacciandole per piante coltivate.
Ma ancora più critico è lo stato della S.candida, l’unica a fiore non giallo, scoperta solo nel 1979 e quasi estinta. Endemica di una ristretta area della Turchia, anch’essa ha foglie glauche e fiorisce appena dopo la S. fischeriana, anche se quest’anno a causa dell’inverno anomalo le fioriture si sono sovrapposte.
La coltivazione di tutte le specie è semplice, necessitano di una posizione soleggiata e terreno drenante. Essendo specie mediterranee sono a riposo estivo, che deve essere rispettato per tutte le specie ma la S.lutea è molto accomodante e ad innaffiature estive reagisce semplicemente anticipando la fioritura a metà settembre. I bulbi però hanno uno strano comportamento. Pur non essendo provvisti di radici carnose perenni, come i generi sudafricani Amaryllis, Haemanthus, Nerine etc, sono sensibili al trapianto o meglio non sopportano l’esposizione all’aria e una buona fioritura si ha solo dopo 1-2 anni. I bulbi vanno piantati in profondità, anche 30cm e lasciati quindi indisturbati per vari anni. Si possono dividere in estate, a vegetazione secca e ripiantati quanto prima.