Hai presente quella sensazione di smarrimento quando il notaio ti chiede i documenti di casa e, all’improvviso, salta fuori la famigerata “Dichiarazione di Conformità”?
Poi ti dicono che, se manca, puoi rimediare con una Dichiarazione di Rispondenza e la confusione cresce. Tranquillo: in questa guida faremo chiarezza—con meno gergo possibile—su cosa distingue veramente i due certificati, quando servono e perché fanno la differenza tra una compravendita fluida e un calvario burocratico.
Indice
- 1 Cos’è la Dichiarazione di Conformità: lo “scontrino” dell’impianto nuovo
- 2 Dichiarazione di Rispondenza: il “piano B” quando la Conformità manca
- 3 Quando serve l’una, quando l’altra: scenari di vita reale
- 4 Validità legale e peso assicurativo: quale “conta” di più?
- 5 Costi e tempi: chi ti fa spendere di più?
- 6 Documenti da allegare: non solo carta, anche fotografie
- 7 E se non hai nessuna delle due? Rischi più concreti di quanto pensi
- 8 Come scegliere il tecnico giusto per la Dichiarazione di Rispondenza
- 9 Miti da sfatare: cinque errori che sento al bar sotto casa
- 10 Conclusioni
Cos’è la Dichiarazione di Conformità: lo “scontrino” dell’impianto nuovo
Immagina di comprare un elettrodomestico senza lo scontrino: niente garanzia, zero prove d’acquisto. La Dichiarazione di Conformità (Di.Co.) funziona allo stesso modo ma su scala domestica.
Rilasciata dall’impresa installatrice abilitata, attesta che l’impianto—elettrico, idrico, gas, climatizzazione—è stato progettato e realizzato rispettando le norme tecniche e il famigerato DM 37/2008. In altre parole: l’impianto è nato “a norma” sin dal primo giorno.
La Di.Co. arriva sempre in un pacchetto completo: allegati tecnici, schema dell’impianto, elenco dei materiali, copia del certificato della camera di commercio dell’azienda installatrice. È un po’ come il libretto di manutenzione della tua auto: dettagliato, noioso ma prezioso quando il motore fa i capricci.
Domanda che sento spesso: “Vale per sempre?”
Sì, a patto che l’impianto resti invariato. Se sposti prese, aggiungi un contatore o cambi la caldaia con una più potente, dovrai aggiornare il certificato con una nuova Di.Co.
Dichiarazione di Rispondenza: il “piano B” quando la Conformità manca
Mettiamo che tu viva in un appartamento anni ’90 e scopra, nel cassetto dei documenti, un vuoto pneumatico alla voce “impianto elettrico”. Niente panico: dal 2008 esiste la Dichiarazione di Rispondenza (Di.Ri.) proprio per sanare queste lacune.
Viene rilasciata dopo un sopralluogo approfondito da un professionista iscritto all’albo (ingegnere, perito industriale, architetto) con almeno cinque anni di esperienza nel settore impiantistico, oppure dal responsabile tecnico di un’impresa abilitata che però non è la stessa che ha realizzato l’impianto.
Il tecnico analizza cavi, interruttori, messa a terra, caldaie, canne fumarie; misura parametri, scatta foto, compila un verbale e—se tutto è ok—firma la Di.Ri. In pratica dichiara che quell’impianto datato oggi risponde ai requisiti di sicurezza vigenti.
Perché “rispondenza” e non “conformità”? Perché non si certifica la fase d’installazione (avvenuta magari trent’anni fa), ma la condizione attuale dell’impianto. È una fotografia nello stato in cui si trova, non il film di come è stato costruito.
Quando serve l’una, quando l’altra: scenari di vita reale
Ti trasferisci in campagna e ristrutturi tutto? Impianti nuovi = Di.Co.
Stai vendendo un trilocale costruito nel 2005 senza certificati? Ti salva la Di.Ri.
Spesso la domanda è: “Posso scegliere quale fare?” No, dipende dal contesto temporale:
- Impianti realizzati o rifatti dopo l’entrata in vigore del DM 37/2008 (27 marzo 2008) → obbligatoria la Dichiarazione di Conformità.
- Impianti precedenti a quella data e privi di certificazione → sanabili con Dichiarazione di Rispondenza, purché non abbiano già subito modifiche sostanziali in tempi recenti.
Se hai un appartamento degli anni ’70 rivisto nel 2012 senza documenti, la scorciatoia Di.Ri. non vale: avresti dovuto ottenere la Di.Co. all’epoca dei lavori. Quindi controlla le date, altrimenti rischi un labirinto normativo.
Validità legale e peso assicurativo: quale “conta” di più?
Molti pensano che la Di.Ri. sia “di serie B” rispetto alla Di.Co. Non è esatto, ma qualche differenza c’è.
Dal punto di vista giuridico entrambi i certificati sono validi, purché redatti secondo la procedura corretta e depositati, quando previsto, presso lo Sportello Unico dell’Edilizia del Comune. Quindi, se l’agenzia immobiliare storce il naso di fronte a una Di.Ri., sappi che la legge la equipara alla Di.Co. per gli impianti vecchi.
Sul fronte assicurativo, però, alcune compagnie—specie nelle polizze incendio locazioni—preferiscono la Di.Co. perché garantisce un impianto “nativo” a norma. Con la Di.Ri. potrebbero chiedere un soprappremio o l’installazione di dispositivi aggiuntivi (differenziali ad alta sensibilità, sonde CO, valvole di intercettazione gas). Morale? Prima di pagare la polizza, invia copia del documento all’assicuratore e fatti mettere per iscritto che è accettato senza riserve.
Costi e tempi: chi ti fa spendere di più?
Ecco la domanda che fa davvero vibrare il portafoglio. In media, una Di.Co. rientra nel conteggio globale dell’impianto: se la ditta ti chiede 4 000 € per rifare l’elettrico, include nel preventivo il certificato finale.
La Di.Ri., invece, è un servizio a sé. Devi pagare il professionista che:
– effettua sopralluogo,
– redige relazione tecnica,
– elabora schemi,
– compila moduli ministeriali.
Per un appartamento di 80 m² il costo oscilla fra 250 e 500 €, a seconda della complessità. Il tempo? Dai 3 ai 7 giorni, salvo interventi di adeguamento (sostituzione quadro, messa a terra, linee protette). Se emergono criticità, prepara altri 300‑400 € di lavori prima di ottenere la firma magica.
Documenti da allegare: non solo carta, anche fotografie
Il fascicolo della Di.Ri. o della Di.Co. non è un semplice foglio A4. Serve una piccola cartella clinica dell’impianto.
Ecco gli allegati che di solito il tecnico prepara (una sola lista, così rispettiamo le tue linee guida):
- planimetria o schema unifilare dell’impianto;
- elenco materiali e dispositivi di protezione;
- risultati delle prove di continuità e isolamento;
- fotodocumentazione dei quadri e dei collegamenti principali.
Manca qualcosa? Se parliamo di gas, ci sarà il certificato di tenuta; se è climatizzazione, troverai il libretto FGAS. L’obiettivo è dare all’amministrazione una visione completa, riducendo i dubbi a zero.
E se non hai nessuna delle due? Rischi più concreti di quanto pensi
Il problema non è solo una multa. Senza certificati:
- Il rogito potrebbe slittare: il notaio può sospendere la stipula fino a quando non consegni la documentazione.
- Detrazioni fiscali a rischio: l’Agenzia delle Entrate chiede la Di.Co. per bonus ristrutturazione, ecobonus, superbonus.
- Responsabilità penale: se scoppia un incendio o c’è un’intossicazione da monossido e l’impianto non era certificato, l’inquilino (o peggio, i familiari) possono rivalersi su di te per negligenza.
Peggio ancora, in condominio puoi ricevere diffide dall’amministratore se il tuo impianto mette in pericolo le parti comuni: pensa a una perdita gas che coinvolge l’intero stabile. Una seccatura che nessuno vuole.
Come scegliere il tecnico giusto per la Dichiarazione di Rispondenza
Affidarsi al primo nominativo trovato online è un tiro di dadi. Meglio qualche accorgimento:
- Verifica l’iscrizione all’albo professionale e l’anzianità (minimo cinque anni).
- Controlla che non sia la stessa ditta che, all’epoca, fece l’impianto: la norma lo vieta.
- Pretendi un contratto scritto con tempi, compenso e dettaglio attività.
- Chiedi referenze: un tecnico serio non teme di mostrarti lavori analoghi conclusi da poco.
In questo modo riduci rischi di perizia lacunosa, contestazioni future e—soprattutto—spese che lievitano a metà corsa.
Miti da sfatare: cinque errori che sento al bar sotto casa
- “Se ho il certificato del contatore, vale per tutto l’impianto.” Falso: il distributore attesta solo il punto di consegna, non la tua rete interna.
- “La Di.Ri. è un’autocertificazione.” Macché: serve la firma di un professionista abilitato, con responsabilità civile e penale.
- “Basta un foglio scritto a mano.” Il DM 37/2008 impone moduli ministeriali; un foglietto non ha valore.
- “Vale solo per l’elettrico.” No: la normativa copre gas, idrico, climatizzazione, protezione antincendio, TV satellitare centralizzata.
- “Una volta fatta, posso dimenticarla.” Se modifichi anche una presa, devi aggiornare la documentazione.
Sfatiamo questi luoghi comuni e respiriamo: le regole non sono fatte per complicarci la vita, ma per garantirci sonni più tranquilli.
Conclusioni
Sei arrivato fin qui: adesso sai che la Dichiarazione di Conformità certifica un impianto nuovo, mentre la Dichiarazione di Rispondenza fotografa uno già esistente, colmando il vuoto documentale. Sai anche quando ciascuna è obbligatoria, quanto può costare, quali documenti la accompagnano e perché l’assicuratore può storcere il naso se non è compilata a regola d’arte.
E allora che aspetti?
Apri il cassetto dei documenti di casa, controlla se trovi “Di.Co.” o “Di.Ri.” affiancate ai libretti degli impianti. Se mancano, prendi il telefono e chiama un tecnico abilitato per pianificare un sopralluogo. Un’ora di verifica oggi vale più di infinite scartoffie domani—e ti evita di rovinarti l’umore durante un trasloco o una vendita.